Collaborazione: utopia naïf

Qual è il suono di una sola mano che applaude?”

Koan Zen

A periodi alterni il tema della collaborazione mi si ripropone, forse perché non lo ho ancora digerito bene o semplicemente perché in questo periodo storico trovo che sia l’unica cosa sensata per uscire dal casino. Collaborare: da cum laborare, etimologia piuttosto semplice per un concetto altrettanto semplice, quello del lavorare insieme. No, non solo il lavoro gomito a gomito dei colleghi di ufficio che si impegnano per raggiungere un obiettivo, ma un concetto di collaborazione estesa, parallela, più “umana”, dove ci si unisce per il raggiungimento di un obiettivo comune, anche a distanza, anche percorrendo strade parallele con una meta finale condivisa. Dove però non ci si spintona, non si girano le frecce per far perdere la direzione, non si affossano i compagni di viaggio e dove chi può sostenere l’altro lo fa, perché l’obiettivo e la meta sono condivisi. E sono importanti. Sì, lo so, può sembrare naÏf, e forse lo sono; ma credo ancora che l’uomo sia un animale sociale, sebbene stia prendendo una deriva egocentrica/individualista per cui percepisco e vedo che la collaborazione sana e sincera è cosa sempre più rara. Se facciamo uno Zoom Out, alla situazione globale, ci rendiamo già conto dell’incapacità di mettersi d’accordo e di fare qualcosa di concreto per problemi che riguardano il Mondo Intero (crisi climatica per dirne una?); se zoommiamo sempre più vicino le situazioni non cambiano, anzi, si ripetono le stesse dinamiche. A volte fanno ridere. In ogni caso fanno riflettere…

Collaborazioni interessate (e diffidenza)

Perché collaborare? È una questione interessante. Tutte le volte che ho deciso di collaborare con qualcuno è perché ho sempre pensato che mettendo insieme le competenze, i talenti e le conoscenze di più persone, si potessero raggiungere obiettivi più grandi; ma anche per supportarsi nei momenti di sconforto ed essere più forti, insieme. Ovviamente in tutte le collaborazioni c’è un interesse, ma è(o almeno dovrebbe esserecondiviso. Se l’interesse è solo ed esclusivamente personale, le collaborazioni diventano semplice e pure interesse. E sono destinate a finire…male! Perché in questo tipo di interazioni ci sarà sempre qualcuno che si sente “sfruttato” (quelli che poi smetteranno di essere propensi alla collaborazione) e chi invece si sentirà “furbo” per aver approfittato bene bene del prossimo per raggiungere i suoi obiettivi. Ah, l’etica…

Nel mondo Social, poi, ormai le collaborazioni sembrano sempre di più una mossa di marketing per accaparrarsi i follower di qualcun altro e far crescere la propria community senza che ci sia un reale interesse verso la costruzione di altro. Così chi è numericamente “più grande” comincia ad usare la sua influenza solo con chi ritiene altrettanto all’altezza e chi è “più piccolo” gira con i suoi simili perché ha paura anche solo di chiedere, una sorta di timore reverenziale verso chi è “più influente“. “Su IG sono un po’ intimorita, è tutto così patinato, quasi irraggiungibile“. E ancora: “Per una realtà piccola come la mia è difficile chiedere collaborazioni perché non so cosa potrei offrire a chi mi sembra già arrivata“. E così si creano cerchi e gruppi, opportunamente chiusi, in cui ognuno rimane nella sua “casta“, senza possibilità di incontro; nella vita reale così come in quella virtuale (che altro non è uno specchio di ciò che c’è fuori). Si tende a fare gruppo con chi è raggiungibile, agli altri manco si prova a chiedere…

Inutili guerre tra poveri: siamo sempre più soli

In certi campi e a certi livelli ho visto spesso degli schieramenti evidentemente politici o dominati da un interesse nemmeno poco nascosto: squali con squali si intendono 😉 Ho sempre pensato, invece, e mi pareva quasi logico, che la collaborazione tra “piccoli” dovesse essere un sistema all’ordine del giorno. E invece no: i cerchi piccoli fanno ancora più fatica a formarsi. Chiuso ognuno nella propria stanza o laboratorio, a progettare in solitaria senza alzare il naso o allungare lo sguardo un po’ più in là, si crede di fare cose incredibili e ci si chiude ancora di più per “non essere copiati“! Non si chiede aiuto ad un collega per accedere a un materiale per il quale non si riescono ad avere i minimi; si fa tutto da soli per non far infilare nessuno nel proprio mondo (guai a chi si avvicina); non si fornisce un indirizzo utile a qualcuno che si muove nello stesso ambito perché potrebbe “superarci“… E via così. In una guerra tra poveri dove il peso della competizione sembra quello di grosse holding quotate in borsa. Mentre siamo sempre tutti più soli ed isolati, faticando incessantemente per guadagnarci un posto nel mondo. Boh.

Capita anche che piccoli illuminati decidano di collaborare in nome di un obiettivo comune e l’impegno c’è…fin quando uno raggiunge il suo di obiettivo e comincia a spiccare il volo. Quello è il momento in cui tutti i valori ed i principi condivisi se ne vanno a fare in culo, allegramente. “Quando inizi ad alzare i soldi i buoni propositi se ne vanno a quel paese“, mi disse una volta una mia amica/collega (con la quale collaboro ancora). E aveva ragione. Ho visto persone sparire dai progetti appena avevano avuto un po’ di successo. Invece che allungare la mano e portare visibilità a tutti…ciao poveri!!! 

Insomma, non se ne esce: l’esempio dominante, quello che guida il mondo e le dinamiche di potere, è quello che funziona.Si copia e si replica a tutti i livelli. Il resto, semplicemente, non funziona.

Paura, Insicurezza, Ego

Ho analizzato il panorama sotto più punti di vista, ho interpellato molte persone, anche del mio settore (ovviamente le mie riflessioni partono dall’ambito moda, ma si possono estendere pari pari ad altri settori) per riuscire a capire il meccanismo, il perché sia così difficile la collaborazione onesta. E siamo sempre lì: è tutta una questione di consapevolezza. “Succede quando non sappiamo chi siamo davvero“. Consapevolezza personale: il conoscersi, il sapere chi siamo, riconoscere il proprio valore ed anche i propri limiti.

Cos’è la paura di perdere i propri privilegi, se non un’insicurezza di fondo? Ed il voler arrivare per primi non ha a che fare con l’egocentrismo smisurato? E la chiusura? Non è forse un fortino costruito intorno al nostro essere per paura di un’invasione o paura di ulteriori ferite (post evento traumatico non analizzato)? La paura di chiedere, l’ossessione dell’essere copiati, la mancanza di onestà…è quello che abbiamo dentro, mostri compresi, che dà vita ad una serie di comportamenti ed atteggiamenti. Quello che è dentro si riflette fuori, nel micro e nel macro. Ecco perché sarebbe importante non perdersi mai di vista: l’autoanalisi come base per un buon vivere, con se stessi e con gli altri. La consapevolezza è indispensabile per ogni tipo di relazione. Anche perché si collabora con le persone, non con le idee.

Collaborare fa rima con risuonare

Arriva quindi una nuova o forse antica consapevolezza: non è possibile collaborare solo perché si hanno obiettivi affini. È possibile farlo solo con persone affini, persone che risuonano alla stessa frequenza. Sì, lo so, questo suona come un fricchettonismo new age anni 90, ma credo che tutti abbiamo fatto esperienza di questo “sentire” intuitivo. A volte ci si sbaglia e siamo costretti a ricrederci, ma molto spesso no. Per collaborare onestamente ci si deve trovare, bisogna essere sulla stessa lunghezza d’onda, stimarsi e rispettarsi a vicenda in una dimensione onesta. E questa cosa non può accadere con tutti. Anzi, accade con pochi. Quindi?

Quindi basta fare la corte a persone/realtà che non sono interessate. Basta perdere tempo con chi non ha la stessa frequenza. Basta volersi unire per forza solo perché si hanno gli stessi obiettivi. Non funziona e alla lunga è anche frustrante: tendiamo sempre a pensare che c’è qualcosa di “sbagliato” o poco attraente in noi. È come quando ci piace qualcuno/a e ci ostiniamo: non si può stare dietro a chi non ci vuole, anche se sulla carta sarebbe perfetto. Se non c’è attrazione, meglio voltarsi da un’altra parte. O stare soli. Tanto qualcuno con cui camminare si trova sempre. E ci possono essere un sacco di piacevoli sorprese dietro l’angolo 😉

Può sembrare una sconfitta. Io la vedo come una vittoria. Tu, come la vedi?

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